Dagli anni Sessanta in poi Mario Cresci (Chiavari – GE – 1942) è l’artista italiano il cui lavoro segna lo sviluppo di un linguaggio sperimentale innovativo per la fotografia.
La continua sperimentazione di Cresci gli conferisce una posizione preminente tra i fotografi italiani che attribuiscono un senso alla fotografia: medium capace di modificare costantemente la nostra relazione con la realtà, evocando una forma illusoria del naturale.
Il suo complesso lavoro è radicato negli studi multidisciplinari iniziati a Venezia nel 1963 ed è caratterizzato, quando si trasferisce a Roma nel ’69, dall’ incontro con i principali protagonisti dell’arte Povera e in particolare Pino Pascali, Eliseo Mattiacci, Jannis Kounellis e Alighiero Boetti. Sempre nel 1969 progetta e realizza il primo Environnement fotografico in Europa presso la Galleria Il Diaframma di Milano, mostrando mille cilindri trasparenti contenenti altrettante fotografie, anch’esse trasparenti, sul consumismo dell’epoca.
Negli anni Settanta si stabilisce a Matera dove ibrida lo studio del linguaggio fotografico e la cultura del progetto con l’interesse per l’antropologia culturale, realizzando opere ed eventi per lo sviluppo della fotografia in Italia, tra cui la pubblicazione di Matera, immagini e documenti (Ed. Meta, 1975), un libro che oggi può essere visto come il primo lavoro fotografico sulla cultura antropologica urbana del Mezzogiorno.
Nel 1970 viene invitato alla sua prima Biennale d’Arte di Venezia e in seguito anche nel ‘78, ’93 e ’95.
Negli anni Ottanta partecipa alla rivalutazione di senso del paesaggio attraverso il progetto di Luigi Ghirri, Viaggio in Italia, in mostra poi alla Pinacoteca Provinciale di Bari nel 1984.
Tra le più importanti esposizioni personali si ricordano: La fotografia del no alla GAMeC di Bergamo (2017); Le case della fotografia alla GAM di Torino (2004); la mostra itinerante Forse Fotografia, rispettivamente alla Pinacoteca Nazionale di Bologna (2010), all’ING di Roma (2010-11) e infine al Palazzo Lanfranchi di Matera (2011); In aliam figura mutare al Castello Sforzesco di Milano (2016) e Ri-creazioni a Camera di Torino (2016).
L’anno 2023 trova Mario Cresci impegnato nella rilettura del suo lavoro attraverso focus specifici raccontati in due ampie mostre: Mario Cresci. L’esorcismo del tempo, 1960-1980 al MAXXI di Roma e Colorland, 1975-1983 al Monastero di Astino per la Fondazione MIA di Bergamo.
Dal 1974 alcune sue fotografie presentate da Carlo Arturo Quintavalle fanno parte della collezione del MoMa di New York. Le sue opere sono presenti nelle collezioni pubbliche di vari musei, istituti e centri di ricerca, come il MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XX secolo di Roma, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, il Civico Archivio Fotografico di Milano, l’ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’ICG – Istituto Centrale per la Grafica di Roma, il Museo d’Arte Medioevale e Moderna della Basilicata di Matera, il MAGA – Museo d’Arte di Gallarate, la GAM – Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Torino, il MUFOCO – Museo della Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, lo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, il MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro e il CRAF – Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo.
Riconoscimenti:
1967, Premio Niépce italiano, Milano
1977, Premio Nazionale Bolaffi per la fotografia, Torino
1982, Premio Scanno per il libro fotografico “Martina Franca immaginaria”, Scanno
2006, Premio Bari Photo Camera International Award, ex aequo con Francesco Cito, Bari
2017, Premio Ponchielli per il libro dell’anno “In viaggio con Lauro Messori”, segnalazione, Milano
2020, Premio Livre Historique per “Segni migranti”, Les Rencontres de la photographie, Arles
2021, Premio Bastianelli per “Segni migranti”, menzione d’onore, Roma
Direttore dell’Accademia G. C. Carrara di Belle Arti di Bergamo dal 1991 al 1999.
Direttore del Festival della Fotografia di Savignano sul Rubicone dal 1997 al 2000.
Svolge attività di workshop in tutta Italia e attualmente è docente all’Università ISIA di Urbino. In precedenza è stato docente all’Università Orientale di Napoli, al Politecnico di Milano, all’Università di Parma, all’Accademia NABA di Brera a Milano e alla Fondazione Arti visive FMAV di Modena.
Ha pubblicato numerosi saggi e articoli, in particolare per l’inserto cultura de “Il Sole 24 Ore”. Ampia e articolata è la sua produzione di libri e più in generale di contributi, anche teorici, sulla fotografia e la comunicazione visiva. Nel 2019 ha pubblicato “Segni migranti. Storie di grafica e fotografia”, un compendio della sua ricerca e premiato come Livre Historique ai Les Rencontres de la photographie 2020 di Arles. Nel 2022 per Mimesis Edizioni pubblica “Matrici. L’incertezza del vero”, dove sperimenta la coesistenza tra scrittura e immagine: 80 scaraboti che ri-disegnano fotografie realizzate dalla fine degli anni Sessanta ad oggi. Vive e lavora a Bergamo.
(fotografia di Francesco Clerici)